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L’ Esperienza In Comunità Come Insegnamento Di Vita

L’ esperienza in Comunità come insegnamento di vita

Intervista ad Ersil, ex minore straniero non accompagnato ospite della Comunità Casa Borgatti ed in seguito del Gruppo Appartamento post-18.

Ciao Ersil! Raccontaci un po’ come sei arrivato in Italia e com’è iniziato il tuo percorso alla Fondazione…

Nel 2013 le condizioni economiche della mia famiglia andavano sempre peggiorando ed io non ce la facevo più a stare solamente a guardare, quindi decisi di prendere la mia vita in mano andandomene in Italia.

Presi la nave dall’Albania e sbarcai a Bari, proseguendo il mio viaggio verso Rimini in pullman.

Inizialmente fui accolto dagli operatori della Casa delle Emergenze Amarcord.

Durante la mia permanenza presso Amarcord iniziai gli studi al Centro Zavatta imparando piano piano la lingua italiana.

Dopo un mese fui trasferito nella Comunità Casa Borgatti nella quale trascorsi circa un anno.

Che cosa hai imparato dalla tua esperienza in Comunità?

All’inzio ho trovato difficoltà ad adattarmi, ma poi conoscendo persone come Mary e Pablex (educatori di Casa Borgatti) tutto iniziò a migliorare. I loro consigli e insegnamenti mi sono stati utili per mantenere un giusto equilibrio in qualsiasi situazione sia fuori che dentro la casa, bella o brutta che sia.

L’esperienza in Comunità è stata fondamentale nel momento in cui sono andato al Post-18 e mi sono trovato ad affrontare le cose in modo autonomo e responsabile.

Dopo essere uscito da Casa Borgatti che cosa hai fatto? 

Sono andato a vivere nel Gruppo Appartamento Post-18 e sapendo che ci sarei rimasto fino al conseguimento del percorso scolastico, nel frattempo ho cercato un lavoro per poter andare avanti in piena autonomia.

Dopo tanti tentativi sono riuscito ad avere soltanto una proposta di borsa lavoro che dovetti rifiutare per motivi economici.

Conseguiti gli studi, ho ricevuto una proposta lavorativa con un contratto indeterminato che accettato, anche se non rientrava nelle competenze scolastiche acquisite.

Ho iniziato a lavorare nel settore edile nei pressi di Varese facendo l’imbianchino per circa 2 anni e intanto mi  sono iscritto alla scuola serale ITIS.

In pratica le mie giornate iniziavano alle 6 quando mi svegliavo per andare al lavoro e finivano alle 11 di sera addormentandomi tra i libri.

Alla fine dopo tanti sacrifici sono riuscito ad ottenere anche la maturità che per me era fondamentale.

Oggi posso dire che ho trovato la mia stabilità in tutto, sia dal punto di vista personale che professionale.

Attualmente faccio l’impiegato in un’azienda che commercializza acciai. Mi trovo molto bene e mi sento realizzato.

Che cosa vorresti dire ai ragazzi che hanno fatto un’esperienza simile alla tua?

Innanzitutto più che un’esperienza, è un insegnamento di vita che ti stimola a raggiungere i propri obiettivi. Ho imparato che ognuno deve affrontare le cose con il massimo ottimismo per essere in grado di superare i propri ostacoli.

Il percorso di ciascuno di noi dipende sempre anche dalle persone che ci circondano quindi bisogna stare attenti ai passi che facciamo, perché ciò che costruiamo con tanta fatica e sacrificio può distruggersi molto facilmente in un solo secondo.

L’unica cosa che consiglierei è che la Fondazione e gli altri enti coinvolti nell’accoglienza ai minori stranieri non accompagnati, dovrebbero mettersi in contatto con le aziende per facilitare l’inserimento dei ragazzi che trovano difficoltà a trovare un lavoro.

Sarò sempre grato alla Fondazione San Giuseppe, alla mia assistente sociale e agli educatori delle strutture nelle quali ho vissuto tante esperienze che porto nel mio cuore. 

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